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Riflessioni sulla Guerra Russia - Ucraina

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Dalla sua caduta, nel 1991, l’Unione Sovietica è andata incontro a un progressivo e inarrestabile disgregamento politico. Russia, Bielorussia e Ucraina, definite le “tre sorelle slave” per via delle profonde similitudini che le accomunano da diversi punti di vista, si sono formalmente separate in tre Stati indipendenti.

La Russia però non ha mai rinunciato all’idea di riportare le sue due “sorelle” entro la propria orbita di influenza.

Da qui l’attrito: mentre Mosca cerca di restaurare una formazione sovietica, Kiev sembra prendere le distanze da questo tentativo aprendosi sempre di più all’Europa.

Dal 1991, infatti, l’Ucraina è divisa letteralmente a metà: la parte ovest cattolica e filoeuropea, la parte est filorussa.

Putin, presidente della Federazione Russa, non vede affatto di buon occhio l’influenza che l’Occidente esercita in Ucraina, valutando questa intromissione come una minaccia ai suoi confini e al suo potere.

Il dissapore si è tradotto presto in una vera e propria iniziativa militare. 

Nel 2014, Putin invade la Crimea e appoggia la rivolta dei separatisti russi nel Donbass. Qui vengono dichiarate due repubbliche indipendenti, Donetsk e Luhansk. Gli scontri, da allora, non sono mai cessati.
Ad aggravare la situazione si aggiunge poi la questione dell’annessione alla NATO, di cui tanto si sente parlare.

Ma cosa c’entra la NATO in tutto questo?

Dalla fine della Seconda guerra mondiale, l’Ucraina ha rivestito la funzione di Stato-cuscinetto, ovvero uno Stato di confine che, mantenendo una certa neutralità politica, assicura un margine di sicurezza che scongiura possibili conflitti tra due superpotenze.

Ma a seguito della caduta dell’Unione Sovietica del 1991, come abbiamo visto, l’Ucraina si è aperta sempre di più all’Occidente avvicinandosi parallelamente anche alla NATO.

L’annessione non è mai avvenuta, ma ciò non basta a placare i malumori. Anche solo la possibilità che un Paese di confine possa entrare a far parte della NATO viene interpretata, dalla Russia, come una grave minaccia politica di espansione da parte del blocco occidentale.

Lo scopo di Putin è quello di sostituire, in Ucraina, l’attuale governo filoeuropeo con un governo filorusso.

Così facendo, vuole riportare l’Ucraina all’interno dell’orbita di influenza russa frenando di conseguenza l’espansione occidentale verso est.

Putin pone dunque il conflitto come una questione di sicurezza nazionale, dal suo punto di vista minacciata dalla vicinanza della NATO ai suoi confini.

Arriviamo così alla nuova invasione della Russia in Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022 e tuttora in corso, caratterizzata dalle tristi vicende (distruzioni, abusi, stragi, bombardamenti) che noi tutti conosciamo.

Il conflitto tra Russia e Ucraina, naturalmente, non riguarda solo i due Stati coinvolti in maniera diretta.

Ecco perché diversi Paesi membri della NATO hanno deciso di intervenire nel conflitto supportando l’Ucraina attraverso l’invio costante di rifornimenti e munizioni.

La NATO però continua a rimanerne formalmente fuori.

Per quanto abbia rafforzato la propria presenza militare sul confine, non interviene in maniera diretta per scongiurare la possibilità di una vera e propria Terza guerra mondiale.

Gli sforzi sono tutti concentrati nelle azioni diplomatiche, svolte finora senza tanto successo, a cui hanno fatto seguito molte sanzioni economiche ai danni della Russia.

Nel mirino delle sanzioni economiche ci sono gli oligarchi russi.

L’obiettivo è quello di spingerli a fare delle pressioni sul governo affinché si arrivi alla fine del conflitto.

Ma inevitabilmente queste sanzioni economiche danneggiano anche la popolazione civile.

E non solo. L’aumento dei prezzi del gas e dei generi alimentari sono conseguenze che arrivano fino a noi e di cui possiamo facilmente renderci conto.

Ma le conseguenze non sono solo di ordine economico. La storia ci insegna che l’instabilità politica non è quasi mai la situazione ideale per la diffusione del benessere e della pace.

È proprio in questi periodi che si va incontro ai momenti di crisi che possono mettere in ginocchio intere popolazioni.

In più non è da sottovalutare il clima di precarietà e di insicurezza che il conflitto porta con sé: una delle conseguenze più subdole, ma anche più concrete, deriva proprio dalla paura.

Se davvero non si riuscisse a sedare il conflitto in tempi ragionevoli, il rischio di una guerra nucleare non sarebbe poi un incubo così distante.

L’unica strada percorribile rimane la via diplomatica.