BLERA (VT)

Distanze: 70 km da Roma

Altitudine: 207 m

Le testimonianze archeologiche consentono di collocare l'origine dell'impianto urbano di Blera, una delle città più importanti dell'Etruria interna, nella seconda metà dell'VIII secolo a. C.

Tuttavia, prima della fase urbana, sono documentati nel territorio numerosi insediamenti umani, riferibili al Neolitico e all'Eneolitico.

Nell'Età del Bronzo (XVIII-X sec. a. C.) si assiste ad un aumento numerico delle presenze sia in "aree difese" da un punto di vista geomorfologico, chiamate localmente "pontoni" o "castelline", sia in siti apparentemente privi di difese naturali.

A questo periodo risale la prima occupazione dell'altura di Blera-Petrolo.

Relativamente alla Prima Età del Ferro (IX sec. a. C.) si registra una, forse apparente, assenza di documentazione archeologica.

Fu quindi la favorevole congiuntura vissuta dall'Etruria nel Periodo Orientalizzante, (seconda metà dell'VIII sec. a. C.) che determinò la formazione dell'organismo urbano sul pianoro tufaceo difeso dalle profonde gole di erosione del Biedano e del suo affluente Rio Canale.

In età arcaica, in particolare nel corso del VI sec. A. C., per la sua posizione al centro di un quadrivio che collegava Tarquinia e Cerveteri con l'Etruria interna, Blera attraversò un periodo di grande floridezza economica, attestato oggi dalle vaste necropoli che la circondano, in particolare da quelle rupestri che esibiscono monumenti funerari architettonicamente pregevoli.

Nel V sec. a. C., nel quadro di un generale declino della potenza economica delle metropoli etrusche della costa medio-tirrenica, Blera visse una fase di recessione da cui si risollevò intorno alla metà del IV secolo a. C., al tempo della tregua quarantennale relativa alle guerre romano-tarquiniesi.

Per effetto del processo di romanizzazione di questa parte dell'Etruria, svoltosi nel corso del III secolo a. C., per il distretto blerano si inaugurò un nuovo periodo di floridezza, determinato dalla costruzione della Via Clodia, una delle principali arterie del sistema stradale romano, rimasta in uso fino a tutto l'Alto Medioevo.

L'omologazione politico-amministrativa fu completa nella prima metà del I secolo a. C., quando Blera divenne municipium e il suo territorio fu organizzato per lo sfruttamento agricolo, in una moltitudine di insediamenti rustici, la maggior parte minuscoli o di modesto sviluppo areale, alcuni, invece, di maggiori proporzioni, con lussuosi edifici residenziali, impianti termali, mausolei ed altri manufatti tipici di vere e proprie villae gentilizie.

Questo assetto si mantenne per tutto il periodo imperiale, finché le invasioni barbariche non lo sconvolsero completamente.

Tuttavia, pur subendo un drastico ridimensionamento, per tutto l'Alto Medioevo Blera conservò la dignità di civitas e quindi la qualità di punto di riferimento politico e religioso nell'ambito della Tuscia, sia per il fatto di essere attraversata dalla Via Clodia, sia perché diocesi di antica origine, attestata dalle fonti con una serie di sedici vescovi tra il V e l'XI secolo.

Tracce di insediamenti monastici primordiali si conservano nel toponimo Monte Monastero e nella non meglio identificata Massa Gratiliana.

Blera, nella storia della Chiesa, occupa un posto di primordine per la figura del santo patrono Vivenzio, primo vescovo della diocesi, per essere stata al centro dell'attività evangelizzatrice di s. Senzia e per aver dato i natali a due papi: Sabiniano I (604-606) e Pasquale II (1099-1118).

Durante la Guerra Gotica (535-553) acquistò importanza strategica come roccaforte bizantina e tale ruolo continuò a rivestire anche con l'avvento dei Longobardi quando, particolarmente durante il secolo VIII, fu uno dei principali punti di forza della linea di confine tra Tuscia romanorum e Tuscia longobardorum.

Liutprando la conquistò nel 738 ma nel 742 la restituì a papa Zaccaria insieme a Sutri: da questa importante donazione ebbe origine il Patrimonium Beati Petri e quindi lo Stato della Chiesa.

Desiderio, ultimo re dei Longobardi, la distrusse nel 772 e Carlo Magno la restituì alla Chiesa nel 774.

Blera cessò di essere sede vescovile nel 1099 quando il suo territorio e quello della diocesi di Centumcellae furono unificati sotto il vescovo di Tuscania.

Dal XIII al XV secolo seguì le alterne fortune della famiglia Di Vico, proprietari di un vasto feudo tra Viterbo e il massiccio tolfetano, i cui componenti furono protagonisti di una politica oscillante tra papato e impero, nell'intento, mai riuscito, di creare uno stato autonomo nella Tuscia.

Al principio del XV secolo, papa Bonifacio IX concesse ai conti Anguillara il feudo di Blera, da questi governato tirannicamente fino al 1465, anno della scomunica di Francesco e Deifobo Anguillara e della loro sconfitta da parte dell'esercito pontificio guidato dal cardinale Niccolò Forteguerri.

In questo frangente il popolo di Blera si sollevò contro gli Anguillara ed ottenne, dal pontefice Paolo II, una bolla contenente numerosi privilegi.

Da questo momento e per circa mezzo secolo Blera fu amministrata direttamente dalla Camera Apostolica.

Nel 1497 papa Alessandro VI nominò il figlio Cesare Borgia signore di Blera che la tenne fino alla morte avvenuta nel 1503.

Da allora e fino al 1515 fu amministrata, tramite un vicario, dal cardinale Raffaele di S. Giorgio.

Papa Leone X, in quell'anno, nominò commissario della "terra di Bieda" Girolamo Vicentino e, nel 1516, per estinguere un debito di oltre cinquemila ducati d'oro, la offrì in feudo a Lorenzo degli Anguillara di Ceri.

Alla morte di Lorenzo il feudo passò al figlio Lelio che governò fino al 1572, anno in cui morì senza eredi, per cui Blera tornò sotto la diretta amministrazione della Camera Apostolica e vi rimase fino al 1870.

Nel 1870, come tutti i territori dello Stato Pontificio, Blera venne annessa al Regno d'Italia.

Il toponimo, che è stato Bieda fino al 1952, deriva dal greco e indica una specie di ortiche.