FARA SABINA (RI)

Arroccata , secondo l'uso medioevale, sulla cima di un altura, il colle Buzio, Fara gode di una splendida posizione panoramica, che domina le verdeggianti colline circostanti, ricche di ulivi, e da cui la vista può spaziare, nelle giornate più limpide, fino a Roma, al Cimino, al Soratte, all'Amiata ed al mare.

Il borgo conserva intatto, in tutta la sua straordinaria suggestione, l'originario impianto medioevale (la cinta muraria, le porte di accesso, le stradine strette e ripide, le case di pietra) ed è arricchito da chiese e palazzi di epoca rinascimentale e barocca.

Zona archeologica di Cures

Cures è il nome di un'antichissima città sabina su cui, secondo la tradizione, regnò Tito Tazio, prima avversario e poi alleato di Romolo.

Fu municipio della IV regione augustea, fiorente centro in età imperiale e sede vescovile; da Cures prendono nome le frazioni di Passo Corese e di Corese Terra.

I reperti archeologici sono costituiti da resti di mura megalitiche, di ambulacri, di colonne, di trabeazioni, di statue e di un'area marmorea con un'iscrizione che fa riferimento all'imperatore Vespasiano.

Abbazia di Farfa

Farfa è un piccolo agglomerato di case adagiate su una collina che offre al visitatore la possibilità di respirare un'atmosfera fuori dal tempo: le vie squadrate e rettilinee, che ricalcano la struttura delle antiche vie romane, sono tuttora animate da antiche botteghe e magazzini dai tipici architravi in legno, testimoni di mille fiere e di scambi commerciali tra i più fiorenti del medioevo, che hanno conservato intatto non soltanto l'antico aspetto ma anche la vocazione di punto di produzione e smercio dei manufatti artigianali (soprattutto tessuti) da sempre realizzati in zona.

La sua maggiore attrattiva è senza dubbio rappresentata dalla gloriosa abbazia, uno dei più famosi e potenti centri monastici dell'epoca medioevale, la cui influenza religiosa, culturale e politica si allargò, per un lungo arco di tempo, a vaste zone dell'Italia centrale.

Fondata alla fine del VII secolo da un gruppo di monaci guidati dall'abate Tommaso di Morienna, si sviluppò rapidamente e, grazie alla sua posizione strategica, ottenne la protezione dei Longobardi e dei Franchi. Raggiunse il periodo di massimo splendore sotto i Carolingi, intorno alla fine del IX secolo, con l'abate Pietro, ma fu ben presto assalita e conquistata (dopo una resistenza di sette anni) dai Saraceni.

La discesa di Ottone I in Italia (967) le restituì vita autonoma, ed inaugurò la stagione in cui a Farfa furono scritti importanti codici, tra cui il celebre Regesto, repertorio cronologico di tutti gli atti stipulati dai monaci dell'Abbazia. I secoli seguenti furono segnati dalle contese politiche con i Signori romani, e dai costanti tentativi di respingere i tentativi di ingerenza del potere papale.

All'inizio del 1400 Bonifacio IX la costituì in commenda del nipote Tomacelli. In seguito si succedettero al governo del complesso monastico i Farnese, i Barberini ed i Lante della Rovere: nel 1769 fu finalmente affidata al vescovo della Sabina.

Con l'unità d'Italia l'abbazia divenne proprietà privata e la piccola comunità di monaci scomparve, per essere ricostituita nel 1919.

L'abbazia, formata da un complesso di edifici, comprende, oltre alla Chiesa, il Refettorio, la Biblioteca, due Chiostri, il Campanile ed una torre ai quali si accede attraverso un bel portale tardo-romanico di Anselmo da Perugia (XV secolo).

Nel cortile, a sinistra, si erge una grande torre merlata detta "Il Palazzaccio", dove anticamente vivevano gli abati commendatari.

Di fronte si trova la Chiesa di S. Maria di Farfa, ricostruita nel 1492 su un edificio preesistente.

La facciata esterna della chiesa è arricchita da un bel portale marmoreo tardo-gotico, sovrastato da una lunetta contenente un affresco di scuola umbra del tardo '400.

L'interno si articola su tre navate con colonne di granito, provenienti da antichi edifici, con capitelli ionici e dorici. La navata centrale ha un soffitto ligneo a cassettoni in oro e azzurro del 1495. Tra gli affreschi che rivestono le pareti sono da ricordare quelli della navata sinistra attribuiti ad Orazio Gentileschi; sulla facciata interna, un grande "giudizio Universale" del pittore fiammingo Becher.

Da visitare anche il chiostrino Longobardo ed il chiostro del '600 da cui si accede ai sotterranei, dove è custodito un pregevole sarcofago romano del III secolo d.C., usato per la sepoltura degli abati.

Olivo millenario di Canneto Sabino

Nella frazione di Canneto Sabino sorge il più grosso ed antico olivo d'Europa.

Il suo tronco, tozzo, tarchiato, nodoso, molto contorto ed irregolare nella sezione, ha le eccellenti misure di 5,60 m. di circonferenza nella parte stretta e 7,20 m. in quella media.

L'albero ha circa 2.000 anni e produce ogni anno vari quintali di oliva.

La zona in cui sorge Fara in Sabina è, tra l'altro, una delle migliori per la produzione del celebre olio extra-vergine d'oliva della Sabina, il primo in Italia a poter vantare il marchio DOC.