RIPI (FR)


Il nome Ripi non ha un'origine certa: deriva dal termine latino ripa che significa riva.

Ma per la configurazione geografica del paese, situato nell'entroterra ciociaro senza che il territorio sia attraversato da fiumi rilevanti, il termine non trova alcuna giustificazione.

Tra i primi documenti che attestano la presenza della cittadina di Ripi ricordiamo due bolle papali del IX sec. nelle quali si conferma la subordinazione del castello di Ripi ai vescovi di Veroli.

Le sue origini risalgono all'età romana come testimoniano i resti archeologici ritrovati nella contrada di S. Silvestro ed esposti oggi nel Museo Civico.

Malgrado la forte presenza signorile la Chiesa verolana possedeva ampi poteri all’interno della giurisdizione locale: i vescovi ed il capitolo di Veroli erano i maggiori possidenti e i loro atti di infeudazione economica, di concessione delle terre da coltivare, le forme contrattuali usate condizionavano realmente la vita del castello, dei suoi feudatari e degli abitanti.

E la Chiesa verolana a concedere ai condomini, nel 1195, la possibilità di fortificare il paese; la stessa Chiesa possedeva tutta l’area prospiciente il torrente Meringo, con vasti possedimenti concessi a coloni ed enfiteuti.

Dopo una serie di avvenimenti, soprattutto dovuti alle continue confische papali del feudo dei Colonna, la famiglia riorganizzava i propri possessi sottoponendo Ripi allo stato di Pofi, mentre progressivamente si veniva istituendo il comune rurale sotto l’alta sorveglianza pontificia.

I Colonna possedevano in Ripi ingenti proprietà, derivate dall’asse feudale, che davano ad affittuari locali, favorendo indirettamente l’incremento delle coltivazioni e la formazione e l’ascesa della borghesia rurale.

Malgrado il miglioramento incessante dell’agricoltura (nel Settecento si ebbe l’introduzione del mais e, verso il 1796, del riso, che consentiva di attivare un ampio commercio tramite il porto di Terracina) il paese e gli abitanti risentirono fortemente di due carestie. Alla fine del secolo XVIII Ripi venne coinvolta nelle vicende derivate dalle invasioni francesi.

Anche qui si manifestarono rivolte antigiacobine ma, passato il periodo napoleonico, ben presto si formò un vasto gruppo di carbonari, collegati con i centri vicini da cui, poi, scaturirà un folto gruppo di patrioti.

È noto il “tamburino di Ripi”, il giovanetto Domenico Subiaco, caduto a Villa Corsini il 3 giugno 1849 durante l’assedio della repubblica romana, ed a cui è dedicata la “scala del tamburino” al Gianicolo in Roma. Patriota, animatore mazziniano e garibaldino fu il ripano Aristide Salvatori, presente in molte imprese per l’unità nazionale. Nel 1867 Ripi, durante la spedizione garibaldina infrantasi a Mentana, proclamò la sua annessione al regno d’italia.

Nel periodo posteriore all’unificazione ci fu un forte incremento demografico e cominciò anche per il centro ciociaro un’imponente emigrazione degli abitanti verso i paesi extraeuropei, che cessò solo negli anni Sessanta con l’industrializzazione del Frusinate. Intanto il terremoto del 1915 produsse molti guasti al centro urbano ma nel primo dopoguerra si aprirono felici prospettive per la scoperta di alcuni giacimenti petroliferi. I ripetuti tentativi di estrarre il petrolio non ebbero risultati soddisfacenti dato che solamente qualche pozzo entrò in produzione.

La seconda guerra mondiale ha profondamente coinvolto il centro laziale: alcuni ripani, dopo l’8 settembre 1943, si segnalarono per la loro attività antitedesca in più luoghi d’Italia; il paese subì la repressione nazista e i bombardamenti alleati. Se quest’ultimi causarono la distruzione di metà centro urbano, con numerose vittime civili, la repressione tedesca colpì in modo barbaro sette ripani che si erano opposti ad una razzia, fucilandoli dopo averli costretti a scavarsi con le loro mani la fossa. L’intero paese reagì dissotterrando i cadaveri e organizzando un grande funerale religioso per i defunti, che sfilò davanti ai tedeschi.

Il paese oggi ci appare circondato da oliveti e vigneti sulla sommità di un colle; é proprio la terra la fonte di maggior reddito degli abitanti dall'antichità ad oggi, anche se nel territorio sono attivi alcuni pozzi di petrolio che costituiscono una rarità nel Paese.