AMATRICE (RI)


Il 24 agosto 2016 Amatrice è stata devastata da un terremoto di magnitudo 6.0 della scala Richter, prodottosi alle 3:36 nell'area reatina con epicentro nella vicina Accumoli; proprio Amatrice ha pagato il maggior tributo di vite umane all'evento: sulle 300 vittime totali, 235 sono morte nel suo territorio, che ha visto distrutta la gran parte degli edifici pubblici e privati.

Il 18 gennaio 2017 una serie di quattro nuove scosse con epicentro nei vicini comuni di Montereale (5.1), Capitignano (5.5) e Pizzoli (5.4 e 5.0) ha colpito il comune, provocando nuovi crolli alle strutture già lesionate dai precedenti sismi e abbattendo quanto rimaneva del campanile della chiesa di Sant'Agostino.

Situata nell'Alta Valle del Tronto, fu uno dei vari abitati rurali compresi nelle Terre Summatine.

La città è famosa nel mondo per l'AMATRICIANA: un piatto a base di "bucatini" o spaghetti conditi alla moda locale.

Da vedere:

LA CHIESA DI SAN FRANCESCO: chiesa romanico gotica risalente al XIV secolo.

CHIESA DI SANT' AGOSTINO del 1400.

Escursioni:

Monti della Laga a NE della Città con possibilità di ascensioni a:

- Pizzo di Sevo (m. 2419)

- Monte Giaccio Porcelli (m. 2445)

- Pizzo di Moscio (m. 2411)

- Monte Gorzano (m.2455) con vista sul vicino Gran Sasso.

Dintorni:

Cittareale - Accumoli - Santuario dell'Icona Passatura, situato vicino al paese di Ferrazza

Gastronomia:
Spaghetti o bucatini all'Amatriciana, conditi con guanciale, pomodoro, peperoncino e pecorino.

II suo territorio si articola in un altopiano centrale, tra i 900 e i 1000 metri, ospitante il lago Scandarello e circondato da rilievi che sul lato orientale superano i 2400 metri, in corrispondenza della dorsale principale dei Monti della Laga.  

Cittadina ricca di storia e di arte, è tuttavia ben nota a molti per i famosi spaghetti all'amatriciana, la cui sagra si svolge la prima domenica dopo Ferragosto e che rappresentano il primo piatto di una svariata e gustosa cucina, resa nota in tutto il mondo dai numerosi cuochi originari di Amatrice.  

Oltre che di alberghi, ristoranti e discoteche, Amatrice è dotata di strutture di tipo sportivo e culturale quali i campi di calcio, i campi da tennis, la piscina coperta, il tiro a volo, il cinema, il centro culturale polivalente S. Emidio, etc.

Varie attività ricreative sono cosi assicurate, grazie alla presenza di molte associazioni. Queste attività sono maggiormente concentrate durante l'estate, nel periodo di maggior afflusso turistico, ma anche nel periodo invernale non mancano le occasioni per incontri culturali, sportivi e di svago in genere

Cenni storici

Edificata sullo sperone roccioso che sovrasta la confluenza tra il fiume Tronto ed il Castellano, immersa inquest'angolo verde dell'appennino, è posta la cittadina di Amatrice.

Attorno ad essa sono distribuite in gran numero le "Ville", o frazioni, attualmente 69, che in origine dovevano essere più di 90.  

L'aspetto di Amatrice è quello di una piccola città disposta secondo una pianta regolare attribuita tradizionalmente a Cola, il quale l'avrebbe disegnata dopo le distruzioni del 1529.

Lungo il reticolo delle vie diritte si allineano palazzi e palazzetti di una buona architettura dei secoli XVI, XVII e XVIII. Tra gli edifici più antichi, spiccano la snella torre civica e le severe torri campanarie delle chiese di S. Agostino e di S. Emidio o della Madonna Lauretana.

Tuttavia anche ad Amatrice sono le chiese che offrono al visitatore la principale attrattiva.

La conca di Amatrice deve essere stata frequentata sin dall'età della pietra da genti italiche provenienti probabilmente dal versante adriatico.

Ciò è testimoniato da ritrovamenti di oggetti litici, come punte di frecce, raschiatoi e bulini in selce. Il fatto di trovarsi lungo il tracciato della via Salaria, antichissima e importante arteria di comunicazione tra le sponde del Tirreno e quelle dell'Adriatico, insieme alla favorevole morfologia dell'area, spiega come la conca fosse abitata continuativamente dall'epoca preromana.

All'epoca romana risalgono resti di edifici, tombe, ville (come gli scavi di Torrita), oltre ad alcuni tratti della vecchia via Salaria che testimoniano l'esistenza di un fitto tessuto urbano costituito da agglomerati rurali, mantenutosi in gran parte anche dopo il passaggio dall'età antica al Medio Evo.

In effetti l'antica Summata, (cosi chiamata in quanto rappresentava nell'ambito degli abitanti della conca la "Summa Villarum"), trasmise il proprio nome, nell'epoca di mezzo, a tutta l'area, che fu conosciuta per parecchi secoli come territorio "summatino".

 In seguito all'invasione longobarda (568-570), il territorio di Amatrice fu annesso al Ducato di Spoleto, di cui fece parte nel suo insieme fino alla conquista franca.

A quest'epoca risale la suddivisione del territorio in due parti distinte: quella orientale, corrispondente al territorio summatino vero e proprio, inclusa nella contea (e diocesi) ascolana all'interno della Marca di Fermo; quella occidentale facente parte della contea (e diocesi) reatina e del Ducato di Spoleto.

Nel Regesto di Farfa sono ricordati, per il periodo che va dalla metà del VIII secolo agli inizi del XII, i nomi di molte località e villaggi dell'attuale comune e, tra essi, nel 1012, anche quello di "Matrice", ricordato ancora nel 1037 nel diploma con cui l'imperatore Corrado II conferma al vescovo di Ascoli i suoi possedimenti.

Con la conquista normanna dell'Italia meridionale, avvenuta tra il 1150 e il 1154, le terre summatine e quella parte dell'attuale comune di Amatrice, ricadente nella contea reatina, furono annesse al Regno di Sicilia e divise tra i vari baroni.

Verso gli inizi del XIII secolo, la zona passò sotto il controllo della chiesa ascolana e, indirettamente, dello stato pontificio.

Solo intorno al 1265, al tempo del re Manfredi di Svevia, Amatrice entra a far parte del Regno di Napoli. Nel 1271 e nel 1274 Carlo d'Angiò inviò degli eserciti per debellare la resistenza degli amatriciani e ridurre la città all'obbedienza.

Contemporaneamente si assiste alla scomparsa dei baroni e alla formazione, con a capo Amatrice, della "Universitas", cioè del comune in territorio liberamente organizzato, relativamente autonomo dal potere centrale, che si governa tramite un parlamento.

In questo periodo l'influenza della città si estende su un territorio molto più vasto dell'attuale: le appartengono infatti non solo il territorio di Campotosto e quello sino al confine di Cittareale, ma anche molti castelli e villaggi sul versante teramano

. Nei secoli XIV e XV Amatrice è in continua lotta con le città e i castelli circostanti, per questioni di confine e di prestigio. Sono rimasti famosi i conflitti con Norcia, Arquata, Cittareale e soprattutto con L'Aquila, per la conquista dei territori prossimi a Cittareale.

Tradizionale alleata di Amatrice fu la città di Ascoli, mentre L'Aquila venne sostenuta da molti paesi dell'Abruzzo.

Gli Amatriciani presero parte, a fianco delle milizie comandate da Braccio Fortebraccio da Mentone, al lungo assedio dell'Aquila e alla battaglia finale del giugno 1424, che segnò la sconfitta di Braccio morto sul campo.

Nel 1466 Arquata e Norcia combatterono contro Amatrice e Accumoli. Queste nel 1467, insieme ad Ascoli, espugnarono la rocca di Arquata. In riconoscimento dell'aiuto fornito, il senato ascolano si rese garante verso i confederati della taglia loro imposta dal re di Napoli, a seguito della distruzione della rocca di Cittareale, durante le lunghe guerre di confine combattute.

Amatrice, durante i conflitti tra angioini e aragonesi per il possesso del regno di Napoli, sostenne tenacemente i secondi, anche durante la guerra scoppiata in seguito alla congiura dei baroni del 1485 volta contro Ferdinando I d'Aragona.

Il sovrano aragonese, sedata la rivolta, ricompensò Amatrice, concedendole il privilegio di battere moneta con il motto "Fidelis Amatrix".

Nelle lotte per il possesso dell'Italia meridionale tra Francesco I di Francia e Carlo V di Spagna, Amatrice parteggiò per il primo e nel 1528 si sollevò scacciando gli occupanti spagnoli.

Tuttavia nel febbraio 1529, dopo un'eroica resistenza, venne riconquistata e messa a ferro e a fuoco da Filiberto di Chalon, generale di Carlo V.

In seguito la città fu ricostruita secondo una nuova pianta attribuita tradizionalmente a Cola Filotesio, artista ed architetto originario di questa terra.

Fino a questo momento la zona amatriciana non era mai stata sottoposta ad alcun feudatario.

Per punire la sua ribellione, Carlo V diede lo Stato di Amatrice in feudo ad un suo capitano Alessandro Vitelli. Successivamente, pur facendo parte sempre del Regno di Napoli, passò sotto il dominio di un ramo degli Orsini, tra il 1532 e il 1692 e, in seguito, ai Medici di Firenze, che la conservarono fino al 1737.

Infine nel 1759 il feudo entrò a far parte dei domini personali del re di Napoli. Amatrice subì a più riprese (1632, 1639, 1703, 1730) violenti terremoti che, insieme a numerose vittime, procurarono gravi danni sia alla città che alle frazioni, molte delle quali vennero distrutte e non più ricostruite.

Nel 1799 gli Amatriciani, a fianco delle altre "masse" abruzzesi, al comando del generale Salomone, ricacciarono le truppe francesi che tentarono di penetrare nel Regno di Napoli.

Sul finire di questo secolo e per quasi tutto il successivo, il territorio amatriciano, come buona parte della penisola, fu interessato dal fenomeno del "brigantaggio", a sfondo politico sociale. Genti e personaggi di queste vicende sono ancora presenti nei ricordi popolari.

Negli ultimi decenni che precedettero l'unità d'Italia, molti amatriciani presero parte attiva ai vari moti rivoluzionari (1814, 1820-21, 1831, 1848-49, 1860); tra tutti spicca la figura dell'insigne patriota Pier Silvestro Leopardi.

S. Francesco

La Chiesa di S. Francesco, della seconda metà del Trecento, innalza la sua facciata a coronamento orizzontale nella quale si aprono l'occhio e lo stupendo portale gotico nella cui lunetta spicca un gruppo di statue in pietra formato dalla Vergine in trono col Bambino affiancata da due angeli adoranti. L'interno, ampio e di solenne austerità, è ad unica navata; la slanciata abside semipoligonale è a volta semistellare e ha le pareti corse da robusti cordoni alcuni dei quali posano su mensole configurate in mascheroni grotteschi.

Essa è istoriata di affreschi dei secoli XIV e XV. Tra questi, e notevole quello rappresentante ÌAlbero di Jesse, opera di un artista marchigiano influenzato dal pittori riminesi. Altri affreschi di Scuola Marchigiana quattrocentesca sono dipinti sulle pareti della navata (Natività, Madonne col Bambino e Santi). Alla parete interna della facciata, è appoggiato un portico di pietra quattrocentesco, adorno di bassorilievi.

Su quella destra, domina il sontuoso Altare seicentesco intagliato in legno dall'amatriciano Giovan Battista Gigli e messo poi a oro e azzurro. È dedicato alla Madonna di Filetta e venne eretto per custodire, entro un forziere, uno stupendo Reliquario, in forma di tempietto gotico cesellato, attribuito a Pietro di Vannino, orafo ascolano (1472). Oggi si trova nella casa parrocchiale.

Sopra l'altare si estende un grande ed interessante affresco del tardo Trecento, rappresentante il Giudizio Universale. Notevoli anche il busto marmoreo cinquecentesco di Camille Orsini e il pulpito barocco intagliato in legno. Al limite della piazza ove s'erge la chiesa di S. Francesco, si trova la chiesa sconsacrata di S. Fortunato con singolare portale

S. Agostino

La Chiesa di S. Agostino, all'estremità nordorientale della città, presso una porta della cinta trecentesca, ha una facciata a coronamento orizzontale in cui si aprono un ricco rosone e un bellissimo portale tardo gotico (1428), riccamente scolpito.

Notevoli le statue dell'Arcangelo Gabriele e della Vergine Annunciata e le immagini di frati che formano il singolare motivo ornamentale d'una delle cornici della lunetta.

L'interno, interamente rifatto nel Settecento e ora restaurato, è di scarso interesse. Vi si trovano tuttavia due affreschi rappresentanti ÌAnnunciazione (1491)e la Madonna in trono col Bambino e due Angeli (1492), d'un pittore paesano della cerchia di Vittore Crivelli e Pietro Alemanno, chiamato il "Maestro della Madonna della Misericordia" (Vedi: S. Maria delle Grazie presso Retrosi).

Appena fuori dell'abitato, non lungi da S. Agostino, merita una visita la Chiesa della Resurrezione, architettata da Vittorio Paron nel 1936.

Vi si ammirano sculture di Alessandro Monteleone, Francesco Nagni e Venanzio Crocetti, nonché Ìaffresco absidale (1955) di Ferruccio Ferrazzi (Cristo trionfatore della Morte e dell'Inferno)

Altre chiese in Amatrice

Di qualche interesse sono anche la Chiesa di S. Emidio o della Madonna Lauretana, del Quattrocento, con interno a due navate istoriato di affreschi votivi (S. Sebastiano e Storie della Vergine)

La Chiesa cinquecentesca di S. Maria della Porta.

Nei dintorni di Amatrice alcune frazioni (o "ville"), sono di particolare interesse.

Santuario della Madonna di Filetta

A Filetta, raggiungibile con un sentiero che parte d'Amatrice e lungo cui si snoda la processione in occasione della festa di fine maggio, oppure con la strada che parte da Rocchetta, la Chiesa di S. Maria, quattrocentesca, è tutta istoriata, internamente, di affreschi votivi.

Sull'arco e nella calotta dell'abside Pierpaolo da Fermo dipinse e firmò nel 1480 l'Annunciazione; i SS. Pietro e Paolo, l'Ascenzione, la Costruzione del Santuario, la Processione che accompagna all'Amatrice la venerata e miracolosa immagine della Vergine trovata sul luogo da una pastorella: Chiarina.

Altri affreschi di seguaci del "Maestro della Madonna della Misericordia" (Due Madonne della Misericordia e una Madonna di Loreto), di Dionisio Cappelli e di altri minori pittori locali si allineano sulle pareti della Chiesa.

L'Icona "passatora"

Non lungi da Cossara (Km. 4 circa) si trova la Chiesa di S. Maria delle Grazie o Icona Passatora, quattrocentesca, internamente tutta istoriata di affreschi votivi tra i quali ricordiamo: la Madonna della Misericordia (1491), il Cristo portacroce (1490), entrambi del pittore che ha affrescato in S. Agostino dell'Amatrice; inoltre: Crocifissi tra Santi e Storiette votive.

Sui pilastri che sorreggono l'arco della tribuna, spiccano, a sinistra e a destra, due affreschi datati 1490, raffiguranti, rispettivamente, la Madonna in Trono col Bambino, in atto di sorreggere la città di Amatrice in miniatura, e la Madonna in Trono con Bambino, tra Angioli e i SS. Antonio Abate e Lucia. il primo è del pittore amatriciano Dionisio Cappelli; il secondo del "Maestro della Madonna della Misericordia".

Sull'arco della tribuna, poi, spicca un'Annunciazione del 1494; sul sottarco, sulla volta e sulle pareti della detta tribuna, figurano gli Apostoli, Dottori della Chiesa, l'Adorazione dei Magi, la Incoronazione di Maria, la Crocifissione, firmati e datati (1508-1509) da Dionisio Cappelli.

Al centro della tribuna, infine, si eleva l'edicola, a timpano, su pilastri corinzi, dipinta di azzurro con decorazioni in oro (fregio di Cherubini) e istoriata di affreschi. Vi è custodito l'affresco con la Madonna delle Grazie che da il nome alla Chiesa.

Altri centri

A Cornillo Nuovo (Km. 7 circa), nella Chiesa parrocchiale di S. Antonio Abate, l'edicola dell'Altare che protegge la statua in terracotta policromata del Santo, è affrescata da Dionisio Cappelli (Cristo in pietas, Cristo in gloria che protegge Cornillo, la Vergine Maria e Santi), firmata e datata 1511. Sulla parete retrostante, lo stesso artista dipinse le gustose Storie di S. Antonio Abate.

Altari lignei di Giovan Battista Gigli si possono ammirare, poi, nella chiesa parrocchiale di Prato (Km. 3,5c.).

Nella Chiesa di S. Savina a Voceto (Km. 6 c.) e in quella poco distante di S. Martino (purtroppo in rovina) si trovano affreschi di Dionisio Cappelli, un portale del 1479 e affreschi votivi di seguaci del Cappelli.

A Varoni, sopra a Scai, è situato in posizione panoramica il Santuario di S. Maria delle Grazie, la cui facciata, semplice ed armoniosa, è del tardo Cinquecento. All'interno, appoggiati alle pareti dell'aula, si possono ammirare quattro grandi Altari seicenteschi intagliati nel legno, riccamente decorati con buone tele e sculture.
Indi attira l'attenzione il superbo, sontuoso Altare Maggiore coevo, ornato di statue, bassorilievi e dipinti a tempera. Dietro di esso, al centro di uno scenografico contesto ornamentale, entro un'edicola messa a oro e fiancheggiata dalle statue lignee dei SS. Giovanni Battista e Evangelista, troneggia la Madonna delle Grazie col Bambino, modellata, in terracotta dipinta, da un artista abruzzese del tardo Cinquecento.

Avanti l'Altare maggiore, è poi degno di essere ammirato un superbo lampadario ligneo, messo a oro, ornato di edicole con statuette della Vergine e dei Santi, nonché di Angioletti che reggono catenelle donde pendono lampade vitree ad ampolla

Il lago Scandarello

Da Rieti con la S.S. 4 Salaria. Superato il passo di Torrita, guardando sul lato destro, in basso, si può già vedere dalla strada una pittoresca visione d'insieme del lago.

Lasciata la Salaria prima del bivio di Amatrice si imbocca la strada per casale Nibbi che prosegue asfaltata fino alla frazione S. Benedetto.

Dal percorso in macchina fino a S.Benedetto si ricava una visione d'insieme del lago.

Ritornando sui propri passi e imboccando dalla Salaria il bivio per Amatrice si prende a destra verse il lago e dopo un breve tratto si incontra la frazione Conca con le caratteristiche abitazioni situate proprio ai margini del lago, lasciata la macchina si prosegue a piedi verso la riva.

Come in tutti gli invasi artificiali la vegetazione palustre sulle rive è assente a causa delle forti variazioni del livello dell'acqua; tuttavia il paesaggio circostante, formato da boschetti di cerro e campi coltivati, è ameno e suggestivo.

Dopo una sosta sulle spiaggette delle rive, si potrà concludere l'itinerario risalendo in macchina fino ad Amatrice. Lungo il percorso si osserva la diga e la centrale elettrica.

II lago di Scandarello giace sui dolci rilievi di Amatrice a 5 Km dall'abitato, ad una quota di 868 m.

È un bacino artificiale creato nel 1924 con una diga di sbarramento sul torrente omonimo e alimentato anche dalle acque del fiume Tronto e del suo affluente il Trontino.

La valle di Selva Grande

La spettacolare Valle di Selva Grande posta sul versante laziale dei Monti della Laga si sviluppa, tra imponenti bancate di arenaria, in una delle zone meno conosciute dell'Appennino centrale.

Il periodo migliore per visitarla va da fine maggio a fine novembre: per le fioriture da maggio a giugno ; per la nitidezza dei panorami e per i paesaggi autunnali a partire da settembre, per le cascate in maggio-giugno e in novembre. Le escursioni sono naturalmente possibili anche in primavera o in pieno inverno se si e adeguatamente preparati ed equipaggiati. In questi periodi si possono, tra l'altro, ammirare le imponenti cascate di ghiaccio caratteristiche di queste montagne.

Percorso A - la cascata delle barche

Il vero e proprio itinerario "a piedi" parte dal Sacro Cuore, buon punto panoramico, dove si trova una cappella piramidale in calcestuzzo e dal quale si può abbracciare con lo sguardo tutto il settore occidentale dell'altipiano di Amatrice.

Poco prima della fine della strada asfaltata si dirama da questa sulla destra una pista bianca.

Per raggiungere la base della cascata e necessario proseguire per circa 1 Km lungo la pista bianca; poi ad una piazzola, subito prima di una piccola diga dell'ENEL, si prosegue su di un sentierino che costeggia il fosso.

In alternativa si può facilmente risalire il greto del torrente. Per andare dalla diga alla cascata, posta per chi sale sul lato sinistro, occorrono circa 20 minuti. Bisogna fare attenzione, oltre che naturalmente alle acque del fosso, alla scivolosità delle rocce (specie nei periodi piovosi) ed in inverno alla presenza di neve e ghiaccio.

Dopo aver raggiunto la cascata si torna per la stessa strada; è poi possibile proseguire lungo l'itinerario b) in direzione Piani Fonte-Monte Gorzano.

Percorso B - Piani Fonte-Monte Gorzano

Sempre da S. Cuore dopo aver seguito la pista bianca per alcune centinaia di metri si prende a destra un sentiero (le frecce indicano monte Gorzano) che risale dapprima tra gruppi di alberi, poi snodandosi a zig-zag allo scoperto conduce al pietroso Colle del Vento (m 1483).

Dal Colle del Vento si apre l'eccezionale panorama sulla Valle della Selva Grande (cfr. Uno sguardo d'insieme: dalla sommità di Colle del Vento).

La mulattiera prosegue, sempre sul lato sinistro della valle, in falsopiano, tra gruppi di faggi ed aceri, pure frequenti sono i cespugli di rosa canina e di ginepro dalla chioma bassa.

Le bacche di ginepro unitamente ai frutti di rosa canina costituiscono anche parte della dieta della Coturnice (Alectoris graeca), un galliforme dalla livrea variopinta e dal velo basso e pesante, tipico della montagna appenninica. Si consiglia di prestare anche attenzione al piccoli uccelli che popolano i boschi che si attraversano, potrete ascoltare il canto della Cinciarella, della Cincia mora (Parus ater), detta Cinciallegra, del Pettirosso, dello Scricciolo (troglodytes troglodydes) e il tambureggiare del Picchio rosso maggiore (Picoides major).

Sul lato destro della valle alla base della Solagna si susseguono le creste rocciose dovute all'alternanza di strati con diversa resistenza all'erosione che determina sul versante un andamento spezzato caratteristico detto "a denti di sega". Sempre sul versante destro è possibile ammirare la Cascata delle Barche, in corrispondenza della confluenza del Fosso della Solagna in quello di Selva Grande.

Proseguendo si giunge poco dopo (siamo a circa 1 ora di cammino dal Sacro Cuore) ad un'ampia radura pianeggiante, immersa nei faggi; siamo a Piani Fonte (m 1545). La sorgente da cui deriva il nome della località posta al limite degli alberi, sulla destra poco al di sopra del sentiero. In questa radura potrete osservare, nel periodo compreso tra giugno e luglio, estese fioriture di Genziana gialla e di Digitale. Numerosi monticelli di terra rivelano la presenza di arvicole e talpe. In primavera il Cuculo fa udire il suo monotono verso.

L'area era utilizzata sino a pochi anni or sono come stazzo per cui, data la concentrazione di sostanza organica nutritiva nel suolo, ora si presenta ricoperto in gran parte da specie vegetali che prediligono questo tipo di suoli (specie nitrofile come ortica, cardi, etc.). Se a causa dell'abbondante vegetazione non ci sono tracce di passaggio, per evitare pizzichi e punture, si può, a partire dalla sorgente, aggirare la spianata passando sulla destra.

Da Piani Fonte si può scegliere tra varie possibilità proseguire nel nostro cammino verso Monte Gorzano, oppure seguire l'itinerario c) in direzione dello stazzo della Pacina o infine percorrere per intero la Valle della Selva Grande (itinerario d).

Per raggiungere la cima di Monte Gorzano bisogna proseguire lungo il sentiero: dopo un breve tratto tra i faggi ci si trova in una piazzola scoperta fiancheggiata a sinistra da un bastione roccioso alto 2-3 metri, a destra alcune frecce indicano la mulattiera che risalendo il Colle della Pelara porta allo stazzo di Gorzano (m 1882) e al Monte Gorzano.

Per raggiungere la cima e necessario coprire circa 900 m di dislivello (3 ore circa) percorrendo il sentiero che fino a circa 1800 m attraversa la faggeta, poi prosegue attraversando le praterie d'altitudine.

Il sentiero non presenta nessuna difficoltà di tipo alpinistico ma, per la lunghezza e la presenza di alcuni tratti esposti, richiede un discreto allenamento ed una certa esperienza di escursioni in montagna.

Percorso C - Piani Fonte-Stazo della Pacina-Sentiero dei Ficorari

Da Piani Fonte, lasciandosi sulla destra il sentiero che sale a Monte Gorzano si prosegue in quota. Pochi metri avanti allacciandosi con cautela sul costone è possibile osservare di fronte uno sperone roccioso con le pareti strapiombanti delimitato dal F.so di Selva Grande da un lato e dal F.so di Gorzano dall'altro che dà origine ad una cascata di circa 30 metri (Trecino alto).

Nelle cavità sulle pareti a picco nidificava sino a qualche decennio

or sono l'Aquila reale (Aquila chrysaetos); attualmente la si può talvolta osservare mentre vola alla ricerca di cibo sulle praterie d'altitudine.

Si attraversa il fosso e quindi piegando a sinistra si risale una piccola rampa tra gli alberi. Subito dopo aver attraversato il F.so di Gorzano la mulattiera si biforca, il nostro percorso prosegue verso destra lungo la mulattiera che, dopo aver seguito un fossetto, risale verse il Colle della Pacina (m 1803) caratterizzato da un evidente omino di pietra (costruito dai pastori) e con un ampio panorama su tutta la valle.

Da qui si scende allo stazzo della Pacina (circa 2 ore dal S. Cuore). Il resto del percorso, oltre ad essere uno dei più belli è anche uno dei più faticosi ed impegnativi tra quelli descritti per la sua lunghezza e per il susseguirsi di saliscendi. Lo suggeriamo a chi sia già esperto di escursioni in montagna e sufficientemente allenato.

Dallo Stazzo della Pacina, dopo aver traversato il fosso e costeggiato una propaggine del Monte Pelone, si passa a destra del Fosso di Selva Grande raggiungendo lo stazzo di Padula e il valico (in 2221) posto tra Pizzo di Moscio e Monte Pelone (circa 4 ore dal S. Cuore). Questo tracciato, per l'estensione dei pascoli sui versanti e il decorso della valle, ha sempre rappresentato per le popolazioni locali un particolare interesse per la pastorizia e gli scambi col versante teramano. Sino agli anni '50 lungo di esso transitavano i contadini di Montorio al Vomano (Teramo) che con i muli si recavano in Amatrice per vendere i loro fichi rinomati, da cui la denominazione di "sentiero dei ficorari".

Percorso D - La Selva Grande: da Sacro Cuore a S. Martino

Questo itinerario può essere percorso in due modi:

1) se si dispone di una sola macchina si torna per la stessa strada dell'andata dopo aver raggiunto Monte Doro dal S. Cuore;

2) se si dispone di due macchine si raggiunge prima della partenza la chiesa di San Martino (S.S. n. 577 da Amatrice in direzione Campotosto, dopo circa 3 Km a sinistra in direzione Retrosi, superata Retrosi prendere a destra in direzione San Martino per circa 1.5 Km). Si lascia una macchina accanto alla chiesa, e si raggiunge nuovamente con la seconda macchina la S.S. n° 577 c si seguono le indicazioni date precedentemente per raggiungere il S. Cuore. Alla fine dell'escursione con la macchina lasciata a San Martino si raggiungerà il S. Cuore per recuperare l'altra macchina.

La seconda soluzione e consigliabile in quanto evita di dover ripercorrere per intere il tracciato in senso inverso.

Indipendentemente dalla modalità scelta, dopo aver attraversato il fosso di Gorzano all'altezza del bivio per lo Stazzo della Pacina (vedi itinerario c))prendere a sinistra il sentiero che prosegue in piano ben evidente tra gli alberi.

Sempre mantenendosi a quote di 1500-1550 m si attraversa il bosco che ricopre lo sperone di Balzi Classette e dopo un breve tratto si raggiunge una radura posta all'estremità di un ripiano. Da qui, oltre ad ammirare le fioriture primaverili di Giglio rosso e martagone, Genziana (Gentiana verna) e altre specie mene appariscenti come Aglio e Trifoglio, si può scorgere oltre il fosso, il tratto successivo dell'itinerario che corrisponde alla mulattiera che collegava la Selva Grande con i paesi di San Martino e Moletano.

Usciti dalla radura, piegando a destra si riprende la traccia evidente del sentiero nel bosco che si attraversa per un lungo tratto. Nonostante lo sfruttamento, il bosco presenta motivi di interesse sia per le dimensioni di alcune piante che per le essenze presenti: Faggio, Carpino nero, Tasso. Agrifoglio, Salicone (Salix caprea), Sorbo (Sorbus aria). Lo sviluppo della vegetazione, il gioco delle luci che filtrano tra le chiome, i massi rocciosi crollati dalle pareti sovrastanti, il tappeto di muschi e foglie, la possibilità di sentire il canto degli uccelli e di avvistare tracce di piccoli mammiferi, rendono il luogo magico.

Superati alcuni tratti in saliscendi per aggirare blocchi rocciosi di notevoli dimensioni, si giunge ad un masse (a destra del sentiero) che presenta una cavità di alcuni metri, utilizzata ed utilizzabile come riparo da pastori e viaggiatori. Si tratta di una forma di erosione tipica delle rocce costituite da granuli a diversa composizione quali le arenarie, dovuta alla dissoluzione del cemento che lega i granuli tra loro.

Dopo una breve rampa in discesa si giunge al Fosso di Selva Grande, il sentiero lo attraversa piegando a sinistra tra gruppi di faggi, ma la presenza in questo tratto, di tronchi caduti durante Ìinverno, può rendere necessarie piccole deviazioni per evitare gli ostacoli. Usciti dagli alberi si prosegue per alcune decine di metri su un tratto di versante piuttosto ripido e scivoloso per la natura della roccia, localmente detta "saponella", lungo la quale qualche anno fa è stata collocata una fune d'acciaio come corrimano. Fare attenzione specialmente nei periodi piovosi.

Subito oltre il passaggio, alla base di una parete di roccia sgorga la famosa Fonte della Serrauta o "delle schiazzette", rinomata per la quantità e la freschezza delle sue acque. Dalla fonte il sentiero, con piccole variazioni di quota si snoda lungo il versante aggirando vari costoni rocciosi e attraversando i fossi che li solcano.

Durante il cammino non limitatevi ad osservare il panorama davanti a voi, ma di quando in quando fermatevi e voltatevi all'indietro o spingete lo sguardo sopra di voi, ne vale la pena. Tra Ìaltro potrete osservare le agili acrobazie aeree dei Gracchi corallini (Pyrrhocrax pyrrhocorax) che formano gruppi di anche 100 individui che volando lanciano il loro stridulo richiamo. Con un pò di fortuna assisterete al volo del Gheppio (Falco tinnculus) e della Poiana, i falconiformi più comuni in zona.

Dopo un boschetto incontriamo il Fosso della Solagna che nel punto di passaggio è poco più di un'incisione, ma è percorso da una discreta quantità d'acqua, poi tra lembi di bosco e tratti allo scoperto raggiungiamo il fosso della Corva dal greto ampio e disseminato di blocchi rocciosi.

Proseguendo tra rocce sparse, cespugli di rose canine e ginepri si arriva al fossetto di Ciufficolle, superati quindi alcuni tratti scivolosi (che possono però essere evitati passando alla base e aggirandoli sulla sinistra si giunge su di una vasta spianata erbosa dalle forme dolcemente ondulate (circa 3 ore dal S. Cuore). Siamo sul lato est di Monte Doro.

Il sentiero prosegue tra i prati nella valletta centrale lungo i muretti a secco che delimitavano i pascoli. Con una piccola deviazione verso sinistra si raggiunge la sommità del rilievo (m 1617) da cui si domina il bellissimo paesaggio sulla conca di Amatrice.

Dopo essere tornati sul sentiero per poter godere al meglio anche se da lontano, lo spettacolo delle cascate del fosso di Cima Lepri si può aggirare a sinistra un piccolo rilievo tondeggiante, passando accanto ai resti di una casetta in pietra e portarsi alla base della parete.

Vi consigliamo di compiere questa breve variante anche per osservare in primavera le estese fioriture di Genziana cerulea (Gentiana utriculosa), Giglio rosso, Giglio martagone, Narcisi (Narcissus radiifloris) e Crocus (Crocus neapolitanus). Facilmente osservabili sono il Culbianco, il Codirosso, il Codirossone, passeriformi tipici di questi ambienti di prateria cespugliata. I più fortunati potranno anche godere dello spettacolo delle lepri (Lepus capensis) che si alimentano sui prati. Il sentiero attraversato il pratone piega a sinistra e con alcune curve scende alla base di Monte Doro, attraversa il fosso di Cima Lepri. Da qui una pista bianca scende per circa 2.5 Km fine alla graziosa chiesetta quattrocentesca di San Martino.

Percorso E - Da S.Martino alla Fonte della Serrauta

Per chi ha una sola macchina e meno tempo a disposizione si consiglia di raggiungere La chiesa di San Martino: vedi itinerario d). Qui si lascia Ìauto, si imbocca la strada bianca, dissestata e pericolosa per le auto, che si trova sulla sinistra per chi guarda in facciata delta chiesa, e la si percorre per intero (circa 2.5 Km e 400 m di dislivello) fino a raggiungere Fosso di Cima Lepri. Attraversato iI fosso si continua a salire fino a raggiungere il pianoro erboso alle spalle di Monte

Doro (500 m. di dislivello totale). Da questo punto il sentiero prosegue tra i prati nella valletta centrale, lungo i muretti a secco che delimitavano i pascoIi. Proseguendo tra rocce sparse, cespugli di rose canine e ginepri si arriva al fossetto di Ciufficolle, superati quindi alcuni tratti scivolosi raggiungiamo il fosso della Corva dal greto ampio e disseminate di blocchi rocciosi. Proseguendo si incontra ed attraversa il fosso della Solagna che nel punto di passaggio è poco più di un'incisione, ma percorso da una discreta quantità d'acqua, poi il sentiero, con piccole variazioni di quota, si snoda lungo il versante aggirando vari costoni rocciosi e attraversando i fossi che li solcano fino a raggiunge la fonte della Serrauta (vedi itinerario d)- circa 2 ore dalla chiesa di San Martino)

AMATRICE - VIA SALARIA - ASCOLI PICENO

Da Amatrice si prende la via Salaria seguendola sino ad Ascoli. Lungo la via si può visitare Arquata del Tronto che, con la sua Rocca (sec. XIII), domina dall'alto la Salaria, contrapponendosi all'imponente cima del Vettore (m. 2478). Sempre costeggiando il fiume Tronto, tra rilievi rocciosi ricchi di boschi, si giunge ad Acquasanta Terme, dove si può ammirare il ponte romano sul Garrafo e il castello di Luco (sec. XIII-XV). Vi è inoltre una frequentata stazione termale. Dopo poco più di 50 Km. (da Amatrice), si giunge ad Ascoli Piceno, bella città ricca di monumenti artistici di ogni epoca. Si incontrano un pò ovunque torri e case romaniche e gotiche, palazzi rinascimentali e barocchi. Da vedere assolutamente la stupenda Piazza del Popolo, con gli affascinanti portici dei palazzetti rinascimentali, il palazzo dei Capitani e il fianco destro della Chiesa di S. Francesco. Non lontana la Piazza Arringo, con il Battistero, il Duomo, con l'imponente facciata eretta su disegno di Cola di Amatrice, l'Episcopio e il Palazzo del Comune. Quest'ultimo ospita la grande Biblioteca Comunale e la Pinacoteca Comunale che custodisce opere di Crivelli, Cola di Amatrice, Rubens, Tiziano, Reni, Allemanno e altri. Se non si è soddisfatti si può far visita ai numerosi castelli dei paesi circostanti, oppure percorrere altri 30 Km. per arrivare al mare presso S. Benedetto del Tronto.

AMATRICE - L'AQUILA - LAGO DI CAMPOTOSTO - AMATRICE

A 54 Km. da Amatrice, L'Aquila, sorta, secondo la tradizione, come confederazione dei 99 castelli della conca, è guardata superbamente dalla catena del Gran Sasso ed è ricca di chiese, palazzi, piazze, fontane e altri monumenti di grande interesse artistico. Stimolante è scoprire i bei porticati dei cortili o gli affreschi delle stanze dei vari palazzi, che si affacciano numerosi sulle caratteristiche vie della città. Tappa obbligata è la maestosa Basilica di S. Maria di Collemaggio: alla stupenda facciata si contrappone l'interno austero che si mostra ancora con tutto il suo splendore gotico. Fra le altre chiese, quella romanico-gotica di S. Silvestro e quella rinascimentale di S. Bernardino, con la bella facciata opera dell'architetto Cola dell'Amatrice. La città è densa di fermenti culturali, con l'Università, l'Accademia e il Conservatorio musicale ed è bene, quindi, informarsi sulle manifestazioni artistiche, alcune delle quali si svolgono nel castello cinquecentesco, imponente fortezza, un tempo presidio militare e prigione. Da vedere infine, la famosa fontana delle 99 cannelle (sec. XIII). Anche i dintorni dell'Aquila sono ricchi di paesi con castelli, chiese e conventi degni di nota. Al ritorno si può seguire la SS.80 fino al passo delle Capannelle, dove si gira per il Lago di Campotosto che dista 22 Km. da Amatrice. Si gode da qui di un'ottima vista sul Gran Sasso.

AMATRICE - VIA SALARIA - RIETI

Alle falde del Terminillo (m. 2216), si estende Rieti, centro geografico d'Italia, con le sue belle mura merlate e turrite del XIII secolo. Sebbene la città affondi le sue radici nell'epoca romana e preromana, le sue maggiori espressioni artistiche datano dal XII secolo in poi. Fra le opere più importanti sono: la duecentesca Chiesa romanica di S. Pietro Apostolo, il palazzo Vecchiarelli (sec. XVII), il palazzo della prefettura, il palazzo vescovile e la solenne Cattedrale-Basilica del XII secolo, con l'imponente torre campanaria (sec. XIII) e la suggestiva Cripta, a nove navatelle, consacrata nel 1157. Si possono visitare il Museo del Tesoro del Duomo e il Museo Civico. Nei dintorni di Rieti sono importanti i santuari francescani di Poggio Bustone, della Foresta, di Fonte Colombo e di Greccio, dove fu fatto il primo presepio vivente. Lungo la Salaria conviene fermarsi a visitare le belle cittadine di Antrodoco e di Cittaducale. Una nota particolare meritano le numerose risorgive della piana reatina: dopo quelle della Canetra, non distante dalle ottime acque solfuree delle terme di Cotilia, vi è la risorgiva di S. Vittorino che, come d'incanto, profonde le sue acque dal portale dell'omonima chiesa, purtroppo in rovina. Sempre nella zona, vi sono le sorgenti del Peschiera con 18-20 m. di acqua al secondo (di cui 16 vanno a Roma) e, prossima a Rieti, vi è la Fonte Cottorella. Queste risorgive alimentano il fiume Velino, un tempo fra i più ricchi d'acqua della penisola, che costeggia la Salaria da Cittareale a Rieti e forma, verso Terni, la famosa cascata delle Marmore.

AMATRICE - NORCIA - CASCIA

Seguendo la Salaria verso Ascoli, si gira a sinistra per Forche Canapine, frequentata stazione sciistica.

La strada sale cosi fino a quota m. 1543 dominando le belle piane di Castelluccio (m. 1453), che si estendono sotto il Vettore. Proseguendo si arriva a Norcia.

La bella cittadina umbra giace tra i monti, al margine del pianoro di S. Scolastica ed è celebre patria di S. Benedetto e di S. Scolastica stessa. Si consiglia di vedere la Chiesa di S. Benedetto (sec. XIII-XIV) con la bella facciata gotica.

Da Norcia si può, ritornare verso la Salaria, passando per Cittareale visitando così la chiesa della Madonna della Neve, la rocca di Cittareale, e il santuario di Capodacqua.

Proseguendo invece per la SS. 396 e girando a sinistra per la SS. 320, si arriva a Cascia. Le sue principali opere d'arte sono la chiesa gotica di S. Francesco e quella romanica di S. Maria, ma la cittadina è nota soprattutto per il santuario dedicato a S. Rita, meta di numerosi pellegrinaggi, costruito (1937-47) vicino al monastero ove la santa si ritirò in meditazione e morì.

Con la SS. 471 si arriva a Leonessa, caratteristica cittadina sotto il Terminillo e di qui si giunge di nuovo sulla Salaria, presso Posta.